E’ un fatto: la sentenza della Consulta, nell’affermare che sia necessario permettere la fecondazione eterologa in Italia, nega quanto scritto nell’articolo 1 della legge 40, che invece assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito. Tutto ciò contraddice una legge non solo approvata da una maggioranza parlamentare trasversale, ma perdipiù confermata da un referendum.
Le Regioni hanno emanato delle regole per la fecondazione eterologa, quali l’età fertile della donna, fissata a 43 anni come limite massimo per accedere alla fecondazione eterologa in maniera gratuita. Infatti il costo sarà a carico della Regione, cioè di tutti noi.
Inoltre il “donatore” potrà avere al massimo 10 figli, ma se una coppia che ha fatto la fecondazione eterologa vuole farne un’altra, può richiedere lo stesso donatore. Il motivo è intuibile: limitare nell’ambito dello stesso territorio la popolazione consanguinea, che diverrà inconsapevole di esserlo. Inoltre il colore della pelle del nascituro deve essere uguale a quello dei genitori richiedenti la fecondazione eterologa; il colore dei capelli e il gruppo sanguigno devono essere dello stesso fenotipo. Insomma sembra si stia parlando di una ricetta o della scelta di un prodotto da catalogo.
Ma se il desiderio che spinge la richiesta di eterologa è quello di avere un bambino, non si dovrebbe accoglierlo indipendentemente dal colore della pelle e dei capelli? Quanta ipocrisia! Ma è chiaro che i diritti del figlio non ci sono; al centro ci sono solo i desideri degli adulti. I bambini avranno la possibilità dopo i 25 anni di avere informazioni sul donatore, naturalmente solo se questo acconsente.
Senza voler entrare nel dettaglio delle norme, vogliamo riflettere su una storia che dovrebbe illuminarci su quanto accadrà in futuro: l’ormai famoso caso dell’ospedale Pertini, dove per un errore si sono scambiati gli embrioni di due coppie: i bambini che nasceranno da una madre saranno geneticamente figli dell’altra coppia. E’ logico supporre che questa vicenda purtroppo si protrarrà in una lunga causa legale per stabilire quale delle due coppie potrà avere la possibilità di crescere questi due figli.
Si tratta di un esempio emblematico di come potranno sorgere dei contenziosi in caso di ripensamenti nelle future gravidanze eterologhe, a causa del coinvolgimento di una persona estranea alla coppia. Si pone già oggi il problema sui casi delle coppie che dall’estero arrivano in Italia con bambini nati da utero in affitto. La domanda che si pone è se sono da considerare i genitori quelli biologici o quelli che mettono al mondo i figli, e si porrà ancora in tutti i casi in cui il “donatore” o la “donatrice” dovessero cambiare idea.
Nelle discussioni tutto verte sempre nello stabilire quali genitori abbiano diritto sul bambino, ma nessuno che ponga la questione su quale sia il diritto del bambino.