Famiglia – Convivialità, accoglienza, perdono

Convivialità, accoglienza, perdono

Una delle caratteristiche fondamentali della vita familiare, che si esprime nell’immagine di una famiglia riunita intorno alla tavola ed è metodo sicuro per misurare la qualità dei rapporti, è la convivialità: “l’attitudine a condividere i beni della vita e ad essere felici di poterlo fare […] è una virtù preziosa!

Come tutti sanno, “il Cristianesimo ha una speciale vocazione alla convivialità” e la famiglia che partecipa all’Eucaristia, purificata e fortificata da essa, allarga i propri confini vincendo le chiusure e costruendo ponti di accoglienza e di carità.

Ai nostri giorni, la convivialità viene messa a dura prova dai troppi silenzi dell’egoismo, delle televisione, del computer…. Quando non c’è convivialità c’è egoismo, ognuno pensa a se stesso. Basta silenzi e rivolgiamoci al mistero eucaristico: “il Signore spezza il suo Corpo e versa il suo Sangue per tutti”. L’alleanza viva e vitale delle famiglie cristiane, se coopera con la grazia dell’Eucaristia, è in grado di creare comunione sempre nuova con la sua forza che include e che salva. 

La parola accoglienza ci invita a riflettere sulla grande porta aperta della Misericordia di Dio: in questo Anno Santo Dio sta alla porta, bussa, chiede il permesso, ci aspetta… Il Libro dell’Apocalisse dice: «Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20). Abbiamo il coraggio di farlo entrare? Dio accoglie sempre il nostro pentimento e ci offre la grazia del suo perdono. Così anche noi dobbiamo imparare ad accogliere l’altro, che spesso ha perso la fiducia, che spesso non ha nemmeno il coraggio di bussare: stiamo alla porta con attenzione per poterlo accogliere col sorriso.

In questo anno impariamo ad accogliere soprattutto Gesù che “vuole stare tra le nostre braccia, desidera essere accudito e poter fissare il suo sguardo nel nostro”: davanti a Lui dobbiamo abbandonare “la nostra pretesa di autonomiae questo è il nocciolo del problema: la nostra pretesa di autonomia -, per accogliere invece la vera forma di libertà, che consiste nel conoscere chi abbiamo dinanzi e servirlo”.

Noi siamo in un certo senso custodi della Porta di Dio che si chiama Gesù – come egli stesso ha affermato: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,9) – se ascoltando la voce del Pastore facciamo entrare tutte le pecore che il Pastore porta, anche e soprattutto quelle che è andato a riprendere perché sperdute. 

Questo significa anche misurarsi col perdono, non solo quello che ci viene da Dio, ma quello che dobbiamo vicendevolmente donarci per poter continuare ad amarci come fratelli: “nella preghiera che Lui stesso ci ha insegnato – cioè il Padre Nostro – Gesù ci fa chiedere al Padre: «Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». E alla fine commenta: «Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6,12.14-15)”.

E la famiglia cristiana è “una grande palestra di allenamento al dono e al perdono reciproco”: ricevendo il perdono da Dio a nostra volta possiamo essere capaci di perdonare gli altri grazie anche alla preghiera costante. In una società spietata, è fondamentale che ci siano luoghi – come la famiglia – dove imparare a perdonarsi gli uni gli altri: “sì, ogni gesto di perdono ripara la casa dalle crepe e rinsalda le sue mura” e solo così potremo essere riconosciuti da Gesù quali suoi discepoli giacché «Non chiunque mi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre» e aggiunge: «Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti» (cfr Mt 7,21-23).

Serena Venegoni

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Famiglia Luce

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