Famiglia – Il ritmo della vita familiare: la festa, il lavoro, la preghiera

Il ritmo della vita familiare: la festa, il lavoro, la preghiera

La Catechesi sulla Famiglia continua con una riflessione sul ritmo della vita familiare, e di ciascuno, affrontando i temi della festa, del lavoro, della preghiera: le tre dimensioni sacre del tempo.

Papa Francesco esordisce affermando che la festa è “un’invenzione di Dio” e, citando il racconto della creazione del Libro della Genesi (2,2-3), ricorda come “Dio stesso ci insegna l’importanza di dedicare un tempo a contemplare e a godere di ciò che nel lavoro è stato ben fatto”. La festa, dunque, non è né inoperosità, inerzia, pigrizia, né svago fine a se stesso, ma amore e gratitudine per un lavoro ben fatto, per ogni nostra azione che collabora all’opera creatrice di Dio che continua a creare sempre.

Il vero tempo della festa è sacro in quanto Dio è presente in esso tramite la grazia di Gesù Cristo nell’Eucaristia domenicale in cui ogni nostra realtà riceve il suo pieno senso: “il lavoro, la famiglia, le gioie e le fatiche di ogni giorno, anche la sofferenza e la morte; tutto viene trasfigurato dalla grazia di Cristo.

Come Dio è Signore del lavoro, così noi stessi lo siamo – essendo creati a Sua immagine – e dovremmo consentire alla festa di sospendere il lavoro in quanto “il tempo del riposo, soprattutto quello domenicale, è destinato a noi perché possiamo godere di ciò che non si produce e non si consuma, non si compra e non si vende”. Non dobbiamo, perciò, essere schiavi dell’ideologia del profitto e del consumo che ammorba la vita: “in questo tempo ci sono schiavi, sono sfruttati, schiavi del lavoro e questo è contro Dio e contro la dignità della persona umana!

Guardando la famiglia con gli occhi della fede, si scopre come essa sia un lavoro ben fatto, una cosa “molto buona” come disse Dio dopo aver creato l’uomo e la donna (cfr Gen 1,31), “un capolavoro di semplicità, bello proprio perché non artificiale, non finto, ma capace di incorporare in sé tutti gli aspetti della vita vera.

Il lavoro, come la festa, è parte del disegno di Dio ed è in famiglia che si impara a riconoscere le mille forme di lavoro, grazie all’esempio dei genitori, che concorrono al sostentamento della famiglia ma anche al bene comune, della società.

Nel linguaggio corrente per descrivere una persona seria ed onesta, ad esempio, usiamo spesso l’espressione “è un lavoratore” proprio perché il lavoro esprime la dignità della persona umana creata ad immagine di Dio: ecco perché diciamo anche che “il lavoro è sacro” ed è nostra responsabilità e dei governati consentire a tutti la possibilità di avere un lavoro dignitoso.

Dio ci affida il creato, ci affida la bellezza della terra affinché l’uomo se ne prenda cura con il proprio lavoro. Quando egli prende le distanze dall’alleanza che Dio ha stabilito con l’uomo e la donna e soccombe alla logica del profitto disprezzando gli affetti della vita si contamina tutto: “la vita civile si corrompe e l’habitat si guasta”. Così anche la famiglia si ritrova ad essere ostaggio di un’organizzazione del lavoro che la considera un peso per la produttività con “città intelligenti” ricche di servizi, ma ostili, ad esempio, a bambini ed anziani: questo dimostra che “la società umana ha incominciato a lavorare contro se stessa!

In questo scenario le famiglie cristiane, consapevoli dei principi fondamentali della creazione di Dio – “l’identità e il legame dell’uomo e della donna, la generazione dei figli, il lavoro che rende domestica la terra e abitabile il mondo” – hanno il compito di affrontare una sfida alla Davide contro Golia: con “fede e scaltrezza” rispondere alla chiamata di Dio al lavoro “per dare dignità a se stessi e alla propria famiglia”.

Per fare ciò è indispensabile la preghiera. Come insegna San Benedetto “preghiera e lavoro possono e devono stare insieme in armonia” affinché la mancanza di una non danneggi l’altra.

Spesso, invece, il lamento più frequente dei cristiani è proprio la mancanza di tempo da dedicare ad essa. Pertanto Francesco ci invita a riflettere sul perché, nonostante questa difficoltà, il nostro cuore cerca la preghiera, perché non ha pace se non la trova e ci sprona a considerare la qualità del nostro voler bene al Signore.

Il nostro amore verso Dio non è sincero se moltiplichiamo le nostre parole, “come fanno i pagani”, o esibiamo i nostri riti, “come fanno i farisei” (cfr Mt 6,5.7). Solo l’affetto vero per Dio trasforma in preghiera anche pensieri, parole, gesti semplici e quotidiani: “è bello quando le mamme insegnano ai figli piccoli a mandare un bacio a Gesù o alla Madonna. Quanta tenerezza c’è in questo! In quel momento il cuore dei bambini si trasforma in luogo di preghiera. Ed è un dono dello Spirito Santo”.

Nella vita quotidiana, purtroppo, il tempo della famiglia è impegnato nelle varie occupazioni e preoccupazioni tanto che sembra che il tempo non basti mai. I genitori spesso si trovano “a risolvere un’equazione che neppure i grandi matematici sanno risolvere: dentro le ventiquattro ore ce ne fa stare il doppio! Ci sono mamme e papà che potrebbero vincere il Nobel, per questo” eppure nella preghiera tutti noi possiamo finalmente riconsegnare il tempo a Dio, ritrovando la pace, riscoprendo la gioia dell’essere amati da Dio che è Padre Onnipotente e, soprattutto, Padre Misericordioso che ci accarezza, accompagna, protegge sulla strada della vita.

Il consiglio di Francesco è quindi di prendere confidenza col Vangelo affinché la preghiera possa sgorgare con semplicità e forza: esso infatti letto in famiglia, meditato con il Rosario, “è come un pane buono che nutre il cuore di tutti”. Gesù è con noi ogni volta che preghiamo.

Serena Venegoni

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Famiglia Luce

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