La Corte Costituzionale apre alla selezione eugenetica

La Corte Costituzionale apre alla selezione eugenetica

La Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale ha autorizzato le coppie sterili ad utilizzare la diagnosi pre-impianto (Dpi), e ha consentito la selezione degli embrioni sani nel caso di coppie fertili, ma suscettibili di trasmettere al figlio una malattia ereditaria. 

Ancora una volta i diritti del bambino non sono stati tenuti minimamente in conto, eppure l’articolo 1 della stessa legge 40/2004 afferma che la legge assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compresi quelli del concepito. 

Sorprendono le motivazioni della sentenza che ha ritenuto che vi sia «un insuperabile aspetto di irragionevolezza nell’indiscriminato divieto» della Dpi, in quanto le coppie portatrici di un’anomalia genetica possono comunque avvalersi della diagnosi prenatale sull’embrione impiantato e sul feto per interrompere la gravidanza con l’aborto in seguito, in caso di accertata patologia del nascituro. 

Sorprende questa affermazione, in quanto almeno teoricamente la legge 194/1978 non consente l’aborto in caso di malattie o malformazioni del nascituro; nell’art. 6 comma b infatti si legge “L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata: quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”. Anche nell’art. 4 riferito ai primi 90 giorni si fa sempre riferimento ai rischi per la salute fisica o psichica della donna. La selezione non è quindi permessa, anche se nella pratica poi appellandosi ai risvolti psichiatrici viene sostanzialmente concessa. Ma la Corte dovrebbe fare riferimento allo spirito del legislatore e non a come viene applicata la legge. 

Bisognerebbe poi ricordare come la diagnosi pre-impianto avvenga appunto fuori dal corpo della donna e consenta quindi una selezione tra diversi embrioni. Inoltre la Dpi a volte lede mortalmente l’embrione stesso. Che dire poi del fatto che si tratta di diagnosi? Non si tiene conto che alcune malattie potrebbero alla fine non manifestarsi al termine dello sviluppo gestazionale del nascituro (alcune patologie sono invece certe), lo stesso aspetto di probabilità riguarda molte diagnosi anche dopo diversi mesi di gestazione. Provocatoriamente si potrebbe allora affermare che dovrebbe risultare irragionevole procedere poi all’aborto per chi ha cercato un figlio disperatamente con la PMA, aborto, che vogliamo ripeterlo, non è mai terapeutico. 

Sorprende anche questa valutazione espressa col termine “irragionevole”, una valutazione non solo giuridica. Ma sorprende fino ad un certo punto, d’altronde già nella sentenza che dichiarava illegittimo il divieto all’eterologa appariva chiaro l’orientamento della Corte a permettere l’accesso alle tecniche di PMA a qualsiasi coppia, definendo sempre irragionevole ogni discriminazione. Appare evidente l’orientamento a considerare un diritto il figlio e ancor di più ad averlo sano, questo pseudo-diritto per noi è irragionevole: i figli sono un dono. 

Illusorio poi porre dei limiti alle tipologie a cui sarà possibile applicare la Dpi; la risposta è solo una, a tutte, infatti ogni tipo di restrizione (si chiede infatti al parlamento di legiferare per stabilirne l’accessibilità caso per caso) apparirà discriminatoria verso qualcuno e irragionevolmente discriminatoria potremmo dire. 

Questa sentenza della Corte apre allora definitivamente alla selezione eugenetica e tradisce il principio costituzionale secondo il quale ogni vita umana deve godere degli stessi diritti. I nascituri malati o presunti tali da oggi non hanno alcun diritto. 

Luca e Paolo Tanduo

 

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