LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO: CIO’ CHE NON SI DICE

images2 Il levonorgestrel (LNG) è in commercio come “pillola del giorno dopo” (PDGD), dal 1999. Inizialmente vendibile solo su prescrizione medica, negli USA dal 2006 è vendibile senza ricetta medica. La decisione fu molto controversa e fu presa in seguito al consenso degli esperti piuttosto che sulla base di evidenze inconfutabili dimostrate dagli studi clinici. Solo una cosa è certa: questa decisione consentì di raddoppiare le vendite portando i ricavi da 40 milioni a 80 milioni di dollari nel 2007.

Le politiche che cercano di incrementare al massimo la diffusione della pillola del giorno dopo si basano sull’idea che questa abbia la potenzialità di ridurre sensibilmente il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG). Ma è vero?

Per dimostrare l’efficacia del LNG nel ridurre il numero di gravidanze indesiderate e di aborti volontari, sarebbe necessario condurre uno studio randomizzato in doppio cieco con placebo. Questo studio non è mai stato condotto in quanto giudicato “eticamente inaccettabile”. Il LNG è stato invece confrontato in studi randomizzati con altri metodi di postcoitali come il metodo Yuzpe. Il risultato di questo lavoro è stato di dimostrarne la minor incidenza di effetti collaterali. Per moltissimi anni questo studio è stato l’unico inserito nella brochure pubblicitaria della Norlevo. Ritengo che questa informazione non sia secondaria. Perfino la pubblicità (e se si parla di pubblicità qualche volta ci si può anche permettere qualche “sparata” non proprio rigorosamente scientifica) non ha mai affermato con certezza la potenzialità del farmaco di ridurre gli aborti o, meglio ancora, di non essere abortivo esso stesso. Tutto questo, si noti, avveniva mentre già da tempo alla televisione e sui soliti giornali si dava per scontato che la Norlevo non fosse abortiva.

L’efficacia, vicina all’80% ricavata dagli studi condotti alla fine degli anni ’90, è diventata del 50% negli studi condotti dal 2000 al 2004 e messa ulteriormente in discussione (circa il 23%) in uno studio di Raymond pubblicato nel 2007. In questo lavoro si afferma che “comunque, ad oggi, nessuno studio di popolazione ha dimostrato che un aumento della disponibilità del farmaco riduca il numero di aborti o di gravidanze non desiderate”. (Raymond E et al, Obstet Gynecol, 2007). Gli studi condotti su popolazioni ad accesso facilitato e immediato alla PDGD, a confronto con popolazioni che possono accedervi solo con ricetta medica, sono concordi nell’affermare che l’accesso libero alla PDGD ne aumenta significativamente l’utilizzo (e quindi la vendita) senza ottenere una riduzione delle gravidanze indesiderate o degli aborti volontari. Ecco i risultati:

  • Nel 2001 la PDGD è stata introdotta come farmaco da banco in Inghilterra: nonostante gli enormi sforzi per informare i teenagers sull’uso, la disponibilità della stessa e centinaia di migliaia di dosi vendute, il numero degli aborti continua a crescere. (Stanford JB, 2008; Glasier A, 2006)
  • In Scozia è stato condotto uno studio in cui 17.800 donne hanno ricevuto gratuitamente PDGD in anticipo. Non vi sono state differenze nel numero di aborti rispetto alle popolazioni delle zone limitrofe (Glasier A, 2004)
  • In Svezia, nonostante la disponibilità della PDGD, il numero di aborti è in continua crescita (Tyden T, 2002).

Quindi, l’utilizzo sistematico della PDGD non riduce il ricorso all’aborto.

Ma come funziona la PDGD? La risposta giusta è: non lo so. Questa ammissione di ignoranza non dovrebbe, onestamente, essere solo mia. Ci sono ancora moltissime cose che non si sanno e che possono solo essere ipotizzate. Sono state studiate più o meno approfonditamente le possibili azioni sia sull’ovaio (ovulazione), sia sull’endometrio (il rivestimento dell’utero in cui avviene l’annidamento dell’embrione), sull’ovocita, sugli spermatozoi e sull’embrione stesso. Ovviamente non è questa la sede per entrare nel dettaglio di ogni singola valutazione scientifica. Riassumendo: le conoscenze attuali dimostrano una azione effettivamente contraccettiva, ritardando l’ovulazione, ed escluderebbero così, per deduzione, una azione abortiva (con una azione diretta sull’endometrio). Questa affermazione ha fatto più volte il giro del mondo ed è diventata un dogma anche a firma della federazione mondiale della ginecologia (FIGO, Marzo 2011). Questo tranquillizzerebbe molti che, come il sottoscritto, continuano a far fatica a pensare che una molecola che interferisca con l’azione del progesterone (il cosiddetto ormone della gravidanza) non abbia davvero alcun effetto sulla gravidanza.

Ma sarei pronto a ricredermi se non ci fossero ancora alcuni problemi aperti. Il principale problema è che non si può conoscere con precisione il momento del ciclo in cui si trova la donna quando assume la PDGD, e poi gli effettivi meccanismi dell’impianto dell’embrione “in vivo”. Quando la PDGD è presa prima dell’ovulazione, è in grado di inibire l’ovulazione in alcune donne, ma spesso gli autori non escludono anche minimi effetti sull’endometrio (Landgren BM, 1989; Hapangama D, 2001).

Se l’efficacia fosse davvero, come pubblicizzato, dell’8-49% (la variabilità sarebbe legata solo all’intervallo di assunzione, cioè al tempo intercorso tra il rapporto a rischio e l’assunzione del farmaco), come si concilia il dato della inibizione dell’ovulazione, che a seconda delle casistiche varia dal 14% al 30%? I casi sono due: o l’OMS ha esagerato e la pillola del giorno dopo non è efficace come dicono, oppure l’effetto non è solo sull’ovulazione ma anche sull’annidamento.

L’effetto sulla progressione degli spermatozoi è tutto da dimostrare, i pochi che ci hanno provato non hanno visto variazioni importanti. In ogni caso, poiché gli spermatozoi possono raggiungere le tube (dove avviene la fecondazione) anche pochi minuti dopo un rapporto, se anche esistesse un meccanismo di ostacolo alla progressione, questo dovrebbe essere pressoché immediato rispetto al rapporto stesso.

Si capisce quindi che, prima di fare delle affermazioni con valore scientifico sia necessario andare con i piedi di piombo e avere una estrema cautela.

Non è raro che se si cerca di affrontare temi “eticamente sensibili” (come l’aborto o il fine vita) si incontri una fittissima nebbia. Per due motivi. Il primo: nonostante i progressi scientifici e la tecnologia a nostra disposizione, soprattutto sull’inizio della vita umana si conosce ancora pochissimo. Il secondo è che, culturalmente, molta della confusione è stata creata apposta.

E’ giusto porsi anche un’altra domanda: una gravidanza indesiderata è a tutti i costi una gravidanza che esiterebbe in una IVG?

La risposta a questa domanda (che è “no!”), oltre ad avere una rilevanza sociale e statistica, fa riflettere. Mano a mano che una gravidanza prosegue, diventa più accettabile di una gravidanza ai primi albori. Cosa cambia se è avvenuto l’annidamento, o se possiamo rilevare un battito cardiaco o se, più tardi, sentiamo muoversi il bambino? I problemi che avevamo, le paure per cui avremmo abortito, scompaiono? Si risolvono? No.

Semplicemente ci capita di “fare i conti” anche, passatemi il termine, con il concepito. Ci capita di guardare in faccia la realtà e di tenerla presente nelle nostre valutazioni. E questo, al di là di tutti gli slogan, ci rende più liberi. Questa è l’occasione da non perdere, per noi e per le donne che ci incontrano.

Dott. Andrea Natale – ginecologo

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