Pubblichiamo un articolo di Marco Schiavi sul tema del fine vita.
Il “fine vita” torna prepotentemente alla ribalta.
In questi mesi si assiste ad una pesante offensiva giudiziaria, legislativa e mediatica che intende reclamare e rendere effettivo l’esercizio di un vero e proprio diritto a morire, a fronte del quale sussisterebbe l’obbligo di apprestare personale, strutture e farmaci in tempi brevi e contingentati, a chiunque ne faccia richiesta, a prescindere da ogni condizione di salute ed anche in assenza di malattia.
L’obiettivo ormai diventa chiaro: ciascuno deve essere aiutato a morire solo che sia accertata la consapevolezza della sua richiesta.
Preoccupa il “ritorno” che indica la volontà di andare oltre, sulla strada della liberalizzazione estrema, dell’eliminazione di ogni barriera, tutela e limite.
Preoccupa la modalità del “ritorno”, non affidato agli organi della democrazia rappresentativa, ma ad iniziative di giudici creativi e di leggi regionali fuori dei limiti costituzionali.
A queste preoccupazioni contrapponiamo l’impegno per la tutela ed il sostegno alla vita, consapevoli che una società che abbandona chi è disperato al punto di chiedere la morte, rinuncia ai fondamenti che la giustificano proprio come società.