Il tabù demografico si combatte aiutando chi i figli li vorrebbe fare

Lettera di Gianluigi Gigli, Presidente del Movimento per la Vita Italiano, al Direttore de Il Foglio
 
A distanza di una settimana dal suo provocatorio e stimolante appello a fare figli, rompendo il tabù demografico che grava sull’Italia e a ridosso ormai della conferenza nazionale sulla famiglia, credo sia bene tenere desta l’attenzione sul tema e continuare nel dibattito avviato dall’on. Titti Di Salvo. I dati sono noti e certificati dall’Istat, dallo Svimez, dalla stessa Bce: l’ Italia è il fanalino di coda mondiale della natalità; da tre anni la popolazione del paese sta calando; il sud è a rischio desertificazione; non sono gli immigrati a poter invertire la tendenza, mentre sono sempre di più i giovani, spesso i più qualificati, che emigrano; la correzione delle tendenze demografiche richiede tempi molto lunghi; la denatalità, mentre mette a rischi la tenuta di previdenza, sanità e welfare, condiziona le possibilità di ripresa economica. Un governo e un Parlamento che non considerano queste sono le vere priorità del nostro paese e fanno finta di non vedere l’ iceberg contro il quale la nave Italia sta per scontrarsi, proponendo al massimo qualche misero intervento di tipo assistenziale sulle famiglie più povere, dimostrano di non essere all’ altezza della storia. Occorre un piano organico di interventi strutturali e di lungo periodo, capaci di intervenire in tutte le fasi che condizionano negativamente la natalità: la formazione di nuove famiglie, la decisione di mettere al mondo i figli; la possibilità di occuparsi della loro educazione e della loro crescita. Occorre soprattutto progredire verso un’ equità fiscale che tenga conto del numero di persone a carico (fattore famiglia), realizzando finalmente l’ articolo 53 della Costituzione. Sembra che per realizzare questo programma manchino sempre i fondi, eppure si sono trovati 10 miliardi di per l’ iniquo bonus elettorale da 80 (che arriva a moltiplicarsi nelle famiglie con più redditi sotto i 25 mila e non spetta invece a una famiglia 5 figli con unico reddito da 26 mila). Paradossalmente, mentre la procreazione naturale non è sostenuta e l’età del primo figlio si sposta sempre più avanti, quando la donna diventa meno fertile, la procreazione artificiale è stata in serita tra i Lea. Ma le politiche familiari basate solo sulla leva fiscale, sull’offerta di servizi o sulle provvidenze economiche non bastano di per sé a far figli. Occorre mostrare per la famiglia apprezzamento sociale formale e sostanziale. Invece, nella presente legislatura il valore attributo all’ istituto familiare è stato ulteriormente eroso, anche dal punto di vista simbolico, dall’ approvazione del divorzio ultrabreve, dell’ equiparazione tra matrimonio e unioni civili tra persone dello stesso sesso, dal riconoscimento anche alle convivenze d’ im portanti diritti spettanti alla famiglia senza attribuire loro pari doveri. Non ci si rende conto che a furia di picconare la famiglia, insieme alla natalità entra in crisi tutta l’ orga nizzazione sociale. La famiglia, infatti, non solo è il luogo della trasmissione della vita. Essa è anche la prima e fondamentale agenzia educativa, il luogo principale per la trasmissione delle conoscenze e della cultura, la diga del disagio sociale e della devianza, la banca della solidarietà intergenerazionale, l’ ammortizzatore sociale per i momenti di crisi, lo stimolo al risparmio, all’ investimen to e all’ impresa, il motore dei consumi. E’ tempo per l’ Italia di svegliarsi dall’ ubriacatura ideologica che incoraggia ogni trasgressione, promuove l’ indistinzione dei sessi ed equipara alla famiglia ogni forma di legame affettivo. Occorre fare delle politiche familiari la priorità, l’ architrave e la pietra di paragone dell’ azione di governo. Di fronte ai dati allarmanti sulla natalità e e all’ inquie tante prospettiva dell’ inverno demografico occorre interrogarsi sui sei milioni di italiani che dal 1978 a oggi sono venuti a mancare all’ appello soltanto per gli aborti legali e, dando finalmente piena applicazione alla 194 e recuperando il significato dei consultori, incominciare a offrire a ogni donna soluzioni alternative all’aborto, per renderla davvero libera di scegliere se dire sì alla vita che porta in grembo.

 

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