Ha ragione il ministro Fontana: l’aborto non è la soluzione

Il ministro per la famiglia Fontana in un’intervista a La Verità del 30 luglio scorso ha affermato: “C’è da dire che in molti casi è per una preoccupazione economica che alcune donne decidono di non avere figli. Mi piacerebbe che lo Stato fosse più vicino a queste donne per far capire loro che, nel dubbio, un figlio è meglio farlo”.
E’ una semplice verità, anche prevista dalla legge 194/78, che impegnerebbe lo Stato a rimuovere le cause che spingono la donna a scegliere di abortire.
Art. 2 comma d): “I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”.
Questa parte purtroppo è disattesa. Anche i dati della relazione ministeriale annuale e le informazioni raccolte dai CAV in tutta Italia confermano che circa il 50% delle donne che decidono di abortire lo fanno a causa di preoccupazioni e bisogni di tipo economico. Era ora che anche un ministro della Repubblica Italiana richiamasse lo Stato al suo compito e dovere. L’aiuto in situazioni in cui spesso le donne sono lasciate sole, l’affiancamento economico (col progetto di adozione pre-natale, raccolti nel 2016 più di 2.000.000 di euro da privati cittadini), la consulenza di esperti fanno spesso la differenza mostrando che aiutare le donne a prendere coscienza della loro realtà di mamme e accompagnarle è decisivo. Nessuna donna aiutata e che abbia poi deciso di tenere suo figlio se ne è pentita. Dovrebbe sconcertare il fatto che una donna rinunci al suo bambino per motivi economici.
Difendere la libertà delle donne è permettergli di scegliere la vita. La scelta dell’aborto è sempre terribile, innanzitutto per la perdita della vita del bambino, ma è molto dolorosa e lascia profondi gravi traumi anche nelle donne. I traumi di questa scelta sono studiati e noti come sindrome post-aborto e spesso condizionano la vita futura di queste donne e in particolare le loro relazioni.
Giustamente il ministro ricorda anche l’importanza di favorire politiche di conciliazione lavoro-famiglia “per la donna è fondamentale poter godere della propria maternità senza dover rischiare carriera o lavoro. I dati confermano che se una donna diventa mamma mantenendo il proprio lavoro, non solo tende ad avere una seconda maternità, ma contribuisce attivamente ad aumentare la produttività dell’azienda. Bisogna far capire alle imprese che il welfare è positivo per l’azienda stessa”.

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