La Legge 40 dopo 10 anni

Sui singoli aspetti tecnici si può discutere, e certo in maniera molto più pacata e ragionevole di quanto non sia avvenuto. Di basi scientifiche che sottendono alle scelte delle Legge 40 ce ne sono, e anche solide, ma non si può dire che vi sia stata una seria possibilità di verifica. Il percorso della legge è stato travagliato fin da subito. Dalla sua approvazione (febbraio 2004) il primo colpo di grazia sarebbe arrivato già nel giugno 2005, se la maggioranza del popolo italiano non avesse espresso il desiderio di lasciare la legge così com’era, attraverso l’astensione al referendum abrogativo. All’epoca del referendum, i risultati disponibili sull’efficacia delle tecniche applicate con i dettami della legge erano ancora abbastanza scarsi, mostravano delle flessioni non significative e, in parte, erano inficiati dalla ancora iniziale esperienza di quasi tutti i centri su alcune tecniche alternative (in particolare il congelamento ovocitario). Nonostante questo, contro la legge si sono sollevate delle proteste ferocissime. Di seguito la legge è stata letteralmente smantellata da ben 28 sentenze da parte di 5 tribunali (Salerno, Roma, Firenze, Catania e Milano), e poi la corte costituzionale e il Tar. Un inciso, francamente il mio lavoro di medico non mi permette di avere esperienza e autorevolezza nel giudicare l’operato del lavoro degli organi di giustizia, quindi quello che dico potrebbe non avere alcun valore. Mi rimane comunque una sensazione di vaga “stortura” nel rileggere quello che è successo. A rigor di logica mi aspetterei, infatti, che un giudice debba operare con lo scopo di verificare o meno che si sia agito nel rispetto della legge, indipendentemente dall’opinione che il giudice stesso abbia sulla legge. Insomma, non considererei un motivo di vanto il fatto di aver sentenziato contro una legge esistente (per altro rafforzata da un referendum popolare). Un po’ come se un medico si vantasse di aver fatto ammalare delle persone, o un ingegnere di aver fatto crollare dei ponti. Per lo meno mi sarei aspettato lo stesso atteggiamento, da parte di alcuni, secondo i quali ad esempio, la Legge 194 (sull’aborto volontario) “non si tocca” per l’unico motivo che “è una legge dello stato”.

Tant’é che comunque, a tutt’oggi, leggere i risultati di 10 anni di applicazione della legge 40 é praticamente impossibile. Questo nonostante il pregevole mastodontico lavoro, pubblicato ogni anno, del registro nazionale. Da questi dati, estremamente precisi, non si riuscirá mai a scorporare il reale “effetto legge 40”: le variabili indotte dal reclutamento dei centri all’inizio e dalla confusione indotta dalle sentenze successive (accolte a macchia di leopardo) non permettono una valutazione specifica di questo fattore.

Osservando i dati, accessibili, anche se non per forza comprensibili da tutti, qualcosa si può dire.

– Non si è mai verificato il tragico calo delle nascite paventato da chi voleva abolire la Legge 40.

– L’unico dato di allarme è stato, soprattutto all’inizio, un aumento delle gravidanze gemellari.

– Tante coppie, questo è vero, sono andate all’estero. Probabilmente in cerca dell’eterologa (ancora vietata ma forse solo fino all’8 aprile) o della diagnosi preimpianto (già ripristinata in Italia). Chi è andato all’estero per altri motivi probabilmente è stato più spaventato da chi ha parlato male della legge piuttosto che dalla legge stessa.

– Molti centri sono stati spinti ad “affinare” le loro tecniche, limitando il rischio di iperstimolo e di sovraproduzione di ovociti. La ricerca e le applicazione della vitrificazione degli ovociti si sono diffuse a miglioramento delle tecniche di congelamento. Insomma, la ricerca non si é spenta, anzi! 

In ogni caso il sottoscritto continua a pensare (e a occuparsi della possibilità) che, per le coppie sterili, possano esistere delle alternative alla fecondazione artificiale, ovviamente con delle precise indicazioni e ben lungi da facili illusioni sui risultati. La fivet, soprattutto dopo il “ripristino selvaggio” che è scaturito dalle sentenze di cui abbiamo parlato, continuerà sempre di più a non poter garantire la dignità e il rispetto dell’embrione. Il non rispetto del concepito, anche nelle sue fasi iniziali, non reca solo un danno al medesimo ma, a mio modo di vedere, toglie importanza ad uno dei fattori in gioco, forse il più importante. E costituisce una distorsione paradossale in chi sta cercando, faticosamente, di avere un figlio.

Dott. Andrea Natale – Ginecologo 

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